Quando eravamo giovani eravamo convinti che la gioventù non esistesse, passavamo le giornate così, come se non dovessero finire mai, e la notte ci sorprendeva, puntualmente, ancora caldi e abbagliati dalla luce.
Quando eravamo giovani, eravamo convinti di amarci: volevamo vivere in stanze strette, in modo da non poter distinguere cosa era mio da cosa era tuo, ricordi?
Forse la letteratura è questa strada che a mano a mano si scolpisce nel ricordo, una lunga via – una soltanto fra le tante possibili – che si apre fra le immagini del presente dirigendosi verso il passato.
Ora siamo di fronte al Musée d’Orsay e nevica, e sono già varie ore che ci siamo messi in fila. Ci guardiamo e ci stringiamo. Tu, di tanto in tanto, mi racconti qualcosa del tuo passato; e allora io cerco di inventarmi qualcosa del mio futuro.
Qualche sera fa, sul tuo divano di Montparnasse, ti ho sfilato i pantaloni quel tanto che bastava per affondare il mio mento nel tuo pelo pubico: un ciuffo biondo. Tu ridevi imbarazzata mentre Adriano e Alessandra erano di là e dormivano come sassi. Ci conoscevamo ancora poco, in fondo.
Era notte e le notti a Parigi scendevano di colpo, come sassi scagliati dal cielo; noi allora ci ritrovavamo disorientati e ubriachi a parlare, sperando che finissero in fretta.
Quella sera io e Adriano eravamo usciti in cerca di un posto dove divertirci, e vi incontrammo quasi per caso, al Marais, di ritorno deluse da una festa che non era decollata.
Lui attaccò bottone con la tua amica ed io iniziai a camminare al tuo fianco. Quattro giovani che attraversano a piedi la città dell’amore.
Poi salimmo da te, la tua casa lussuosa con il bidet a scomparsa. Adriano ed Alessandra ti chiesero quasi subito un posto dove riposare e poco dopo li ritrovammo sul tuo letto, ancora vestiti, che dormivano l’uno lontano dall’altra. Noi invece restammo in salotto, con le luci tutte accese.
Chi è quel ragazzo che ti sta toccando? Chi è quella ragazza che si lascia baciare?
Forse la letteratura non è un ricordo inventato ma anzi una strada che si apre fra le immagini confuse per fare chiarezza, per restituire alla verità ciò che da tempo era lasciato all’immaginazione.
Ricordi quando lo facemmo la prima volta, a casa mia, una mansarda da cui si vedeva tutta Parigi, con la luce bianca che entrava dai finestrini incastonati nel tetto spiovente? Ricordi la città in festa che ci girava intorno mentre noi, molti metri più su, consumavamo il silenzio?
Fu uno di quei giorni che mi regalasti il libro, L’arte di amare, pieno di frasi come queste che annotavo su un taccuino:
“L’ATTO SESSUALE, SENZA AMORE, NON RIEMPIE MAI IL BARATRO CHE DIVIDE DUE UMANE CREATURE”
“IL CARATTERE ATTIVO DELL’AMORE DIVIENE EVIDENTE NEL FATTO CHE SI FONDA SEMPRE SU CERTI ELEMENTI COMUNI A TUTTE LE FORME D’AMORE. QUESTI SONO: LA PREMURA, IL RISPETTO, LA RESPONSABILITÀ E LA CONOSCENZA”
“CHI AMA DAVVERO AMA IL MONDO INTERO, NON SOLTANTO UN INDIVIDUO PARTICOLARE”
Ma io a quelle frasi non ci ho mai creduto; sapevo che l’amore è soltanto un altro modo di essere soli.
Forse la letteratura non serve a ricordare, ma solo a dimenticare meglio.
Una notte ti lasciai d’improvviso, da sola, accanto alla Senna. Questo non puoi averlo dimenticato.
Eppure, il ricordo di te a volte ancora mi assale mentre bionda, con una bandana fra i capelli, ti muovi leggera per le strade di Parigi. Sono sicuro che ogni tanto, nelle mattine invernali, ancora cade la neve davanti al Musée d’Orsay.
* Questo racconto è stato scritto e selezionato tra maggio e giugno 2022 per la Rivista La città dei lettori durante il corso Scrivere un racconto curato da Luca Ricci e promosso da Fenysia – Scuola di linguaggi della cultura