Rivista La città dei lettori

Un paese e un mondo per niente magici

By 3 Aprile 2024 No Comments

Un paese e un mondo per niente magici

Tamara Baris

Cammino verso il B&B e ripenso alla sete di umanità che, a volte, per fortuna, ancora si manifesta in giro. Sto tornando da una presentazione, ho sbagliato giacca e questo mese si prende troppo sul serio: imprevedibile, totalmente folle. Fa freddo. Ripenso a una signora che quasi avrebbe abbracciato uno dei relatori, alla fine dell’incontro; alla sete di una risposta a quello che abbiamo dentro; alla voglia di raccontare quello che nessuno ci chiede. Salgo su col vecchio ascensore, quasi incapsulata con lo zaino che ci sta dentro a fatica. Il solito giro di serratura con la chiave che fa sempre fatica (ma perché non risolve questo problema questo tizio?). Sono in pace col mondo, come capita spesso dopo una presentazione, dopo un evento, dopo una giornata passata ad ascoltare idee a un festival letterario: esistono dei momenti che ci danno l’impressione di vivere nel mondo che vorremmo. Svuoto uno shopper in seta cinese (ricamata a mano, c’è un drago sopra) pieno di troppi libri. Istintivamente accendo la tv: so già che finirà la magia. La voce familiare di un inviato Rai si collega da una scuola lombarda. Sì: inizia a svanire la magia e mi chiedo come finirà questa storia che ho appena ascoltato e perché questo paese riesca perlopiù a essere assurdo. Mi viene in mente però, in risposta, proprio un libro che leggevo giorni fa e che mi ricordava «l’importanza delle cose importanti». Mando un messaggio a un’amica, ripescandola da un silenzio al quale si è consegnata da mesi, e ripenso al passo del diario puntuale, scrupoloso, inventato ma verissimo di Cesare Pomarici – quello delle pagine cariche di senso e delle domande che tutti dovremmo farci più spesso – da Il liceo magico:

 

 

«Cerco rapidamente le parole giuste per spiegare loro che, per quanto a noi risulti straniera, la pratica dell’astinenza dalle gratificazioni psico-fisiche è realmente una modalità molto potente per interiorizzare l’importanza che determinate azioni hanno nella nostra vita, e la totale schiavitù che ci può sottomettere ad esse quando non sappiamo come controllarle. Digiunare è anche un modo, distorsivo, per vederci più chiaro, per isolare l’essenziale. Sto per formulare una frase come questa, quando mi viene in mente il ritornello di una canzone, Stelle marine di Vasco Brondi, che riprende i versi di Emily Dickinson: “L’acqua si impara dalla sete / la terra dagli oceani attraversati / la pace dai racconti di battaglia”.»

 

 

La magia è abbandonare la frase, il registro, la postura, trovare la nota che rende più facile l’accordo. Penso alla scuola che è ascolto, tessuto, contesto, avvicinamento, penso alla forza di chi la fa, la stessa che Cesare racconta nelle sue pagine, insegnante reporter, ragazzo dall’altra parte. Rifletto sul gusto di leggere e valorizzare qualcosa che i ragazzi come Camilla nelle sue pagine – che ancora hanno legittimamente più bisogno e diritto di credere a un mondo migliore – scrivono mettendoci “l’anima” e sperano “con tutto il cuore” piaccia agli occhi adulti che la leggeranno, accoglieranno, giudicheranno per statuto. Quando mi capitò di parlare con loro – i ragazzi, dico – di guerra, durante una lezione di scrittura creativa, la guerra in Ucraina era appena iniziata, cercavo di avvicinarli a qualcosa che – lo vedevo dagli occhi – leggevano in un modo totalmente diverso rispetto a quello della mia generazione (noi eravamo quelli delle bandiere arcobaleno, delle pagine dei quotidiani divise tra Fallaci e Terzani): il mondo è cambiato, il modo in cui cerchiamo di insegnargli il mondo (o glielo hanno insegnato quelli poco più grandi di noi) è cambiato ancora di più.

 

 

Mi tornano in mente altre pagine del diario di Cesare – che io ho conosciuto anni fa a Losanna: abbiamo diviso una fonduta a una cena con colleghi e amici comuni – mi torna in mente quando scrive (cerco nel trolley, perché mi ricordo di aver portato il libro con me, rileggo per intero la pagina di diario):

 

 

«Anche davanti a lezioni come queste – sul conflitto Russia vs Ucraina – che certamente movimentano maggior interesse e partecipazione rispetto a trattazioni più ordinarie, rimane viva in me la sensazione che “qualcosa di essenziale” non abbia funzionato. Non so spiegarmelo meglio, se non come l’impressione di alimentare – più che un’intesa profonda – un tratto di incomprensione, una sorta di impossibilità a trasmettere fino in fondo la cosa. Rimane, così, latente un elemento intrasmissibile. Una piccola chiusura. Mi viene da pensare che questa sia una sorta di costante y caratteristica dell’insegnamento, anzi, forse, che sia addirittura il vero nucleo dell’insegnamento, quello che, anche nei casi migliori, l’insegnante deve trarre dall’insegnare. E cioè che tutto si ferma sempre davanti alla stessa frontiera, al passaggio a livello mobile dove rallentano anche le nostre maggiori doti di penetrazione empatica. Così impariamo – come scrive Domenico Starnone nei suoi appunti scolastici (Solo se interrogato) – che la “felicità di insegnare” ci dà sempre l’impressione di andare sprecata. E forse – per assurdo – è proprio per questo che non smettiamo mai, completamente, di andare a cercarla.»

 

 

Sottolineo le ultime parole. Ripenso ad altri incontri che mi hanno rabbuiato nei giorni scorsi, a quello che certi giovani che conoscevo sono diventati ora che tanto più giovani non siamo. Li ributto via nel dimenticatoio. Sorrido invece sulla fonduta divisa con Cesare al Café Romand, riprendo in mano lo smartphone e consiglio il libro ad amici insegnanti (consigliare libri è una delle risposte possibili all’incredulità del mondo): le domande degli altri danno spesso risposte a noi stessi. In un paese e un mondo per niente magici abbiamo bisogno di qualcosa che risuoni ancora come noi, che cammini con passi simili ai nostri in queste geografie distrutte.

Tamara Baris

Collabora con Treccani libri ed è editor freelance. Scrive articoli per il portale «Treccani.it» (AtlanteLingua italiana) e per «La città dei lettori». Dottore di ricerca in Storia della lingua italiana (si è occupata di scritture private). Ha partecipato, ormai tanti anni fa, a Scritture Giovani Cantiere del Festivaletteratura. Ha curato con Paolo Di Paolo e Fiorella Favino Un anno di storie. Un paese è le storie che racconta (Treccani). In libreria con In Oriente con Tiziano Terzani (Giulio Perrone editore).

Lettura consigliata
Il liceo magico
Cesare Pomarici
"Il liceo magico" è un piccolo documentario quotidiano di racconti scolastici, e anche il romanzo delle esperienze di un giovane insegnante. A connettere queste diverse prospettive di scrittura è, in particolar modo, la riscoperta della geografia, materia che diventa il vero luogo d’incontro di tutti i personaggi, studenti e adulti, in cui scorrono paesaggi che diventano vivi e partecipati.